08 mag 2020
Se l’emergenza cambia il nostro essere stakeholder
Cambieranno i processi di valutazione con cui consideriamo le azioni di imprese e istituzioni: andrà pensato un nuovo processo di stakeholder management.
Con il passaggio alla nuova fase di questa emergenza, cioè la convivenza con il virus, abbiamo forse per la prima volta la possibilità di fare un primo bilancio – per quanto approssimativo – e elaborare una prima serie di considerazioni su quali siano i cambiamenti e le trasformazioni che questa crisi ci ha lasciato in eredità.
La sola cosa certa è che, per quanto possiamo parlare di fase 1, fase 2 e fase 3 o di ritorno alla normalità, è innegabile che nelle nostre vite, e non solo, esisterà un pre e un post Covid19.
Tra i tanti aspetti che sono già cambiati in questi 60 e più giorni di lockdown è il caso di soffermarsi su una micro trasformazione che potrebbe modificare il nostro modo di essere cittadini, clienti e consumatori, trasformando il concetto che oggi abbiamo di “essere stakeholder”.
In questi mesi di quarantena, infatti, il nostro vocabolario si è arricchito con alcune parole al cui utilizzo, fino a poco tempo fa, non eravamo più molto abituati come singoli utenti e cittadini: consapevolezza, responsabilità, misurabilità, rendicontazione, trasparenza e condivisione. Termini che, invece, sono radicati nella personalissima enciclopedia di ItaliaCamp, all’interno del capitolo Impact, e in quella di chi si occupa di sostenibilità e responsabilità d’impresa.
Sono parole di cui abbiamo re-imparato il significato e che riportano ciascuno di noi alla presa di coscienza che le nostre azioni (come singolo individuo, comunità, azienda e impresa) producono specifiche conseguenze ed effetti. Mai come in questi giorni, ci siamo trovati a chiederci: qual è l’impatto del mio comportamento su chi mi circonda? Quale impatto avranno le decisioni delle istituzioni e delle aziende sulla comunità?
Almeno in parte, abbiamo avuto già alcuni esempi concreti di cosa intendiamo per “impatto” di un’azione: pensiamo ad esempio all’effetto che la mancata attività dell’uomo sta avendo sulla natura che si riappropria dei propri spazi e allo stupore con cui abbiamo accolto le foto “miracolose” sull’acqua limpida delle calli veneziane o delle montagne che finalmente ri-diventano protagoniste dei nostri panorami.
L’emergenza ci ha fatto insomma rendere conto di quanto l’azione di ciascuno di noi sia importante e quali possono essere gli effetti di un nostro comportamento sbagliato e non responsabile o, al contrario, di un modo di agire sostenibile e socialmente attento.
Ma se una trasformazione è avvenuta nel nostro essere animali sociali, non possiamo ignorare che un cambiamento si potrà verosimilmente – e auspicabilmente – manifestare nel nostro modo di essere homo oeconomicus. Molti psicologi e sociologi confermano che questa crisi cambierà il nostro modo di “essere”, un po’ come avvenne tanti anni fa con i nostri nonni i cui valori, orientamenti e comportamenti sociali e di acquisto sono stati plasmati dalla Seconda guerra mondiale.
Cambieranno, quindi, i processi di valutazione e le soglie di attenzione con cui consideriamo le azioni dei singoli individui, delle imprese che scegliamo e delle istituzioni che ci amministrano.
In questo senso una prima avvisaglia di cambiamento l’abbiamo avuta sia sul fronte sociale, con l’attenzione e la sensibilità dimostrata dai giovani (Generazione Z) rispetto ai temi ambientali, etici e valoriali, sia dal lato della finanza, con la crescita degli investimenti socialmente responsabili e l’attenzione ai temi ESG da parte di una larga parte di investitori (BlackRock su tutti).
Ma siamo pronti, come aziende e istituzioni, a fornire le giuste risposte alle nuove domande che ci verranno poste? Siamo preparati a livello organizzativo a gestire processi strutturati e complessi di dialogo e ingaggio con questa nuova e allargata platea di stakeholder? Un eventuale nostra impreparazione fino a che punto potrà influenzare il nostro business e il raggiungimento dei nostri obiettivi?
Sono queste alcune delle domande che in questo periodo di ripartenza dovremmo porci sia come addetti ai lavori della sostenibilità e dell’impatto che come attori economici.
Saremo chiamati a dover modificare l’approccio che fin qui abbiamo avuto su questi temi – spesso considerati ancillari – partendo dalla consapevolezza che le domande che ci verranno poste non potranno essere soddisfatte dalla sola rendicontazione o dalla CSR tradizionale.
Dobbiamo, quindi, necessariamente trovare processi e metodi innovativi, semplici ed efficaci per raccogliere questa sfida che a cascata coinvolgerà il modo di fare business, di dialogare, di condividere informazioni, di disegnare la governance e di pianificare attività parallele al nostro agire “normale” per aumentare il valore sociale di chi ruota attorno alla nostra azienda.
In ItaliaCamp riteniamo che il primo passo per affrontare questa stimolante sfida sia strutturare un nuovo processo di stakeholder management in grado di mettere in campo attività di interazione continue e strumenti di ascolto e dialogo trasparenti a cui associare un’attività di rendicontazione semplice, snella e fruibile.
Pensiamo che il modo più efficace per ripartire e gettare le basi per il futuro sia ascoltare le aspettative e le priorità che ogni stakeholder ha rispetto all’agire delle diverse organizzazioni e all’impatto che ne consegue in modo da ridisegnare, con una prospettiva più completa, la catena del valore di un’azienda o di un’istituzione. Con questa premessa sarà poi più semplice misurare e governare i processi e le relazioni in base alla nostra reale capacità di accrescere il benessere delle persone che ruotano attorno alla singola organizzazione e al raggiungimento dei tradizionali obiettivi di business.
Una sfida a cui ItaliaCamp già da tempo sta rispondendo supportando i propri partner nella pianificazione di azioni e progetti d’impatto, nella gestione degli stakeholder e nella valutazione dell’impatto generato.