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18 dic 2020

La sindemia e il nostro armadio pieno di scheletri

Il termine “sindemia” sembra descrivere perfettamente un fenomeno come il Covid-19

Sindemia Andrea Chiriatti

Richard Horton, direttore della prestigiosa rivista The Lancet, ha recentemente intitolato un proprio articolo “COVID-19 is not a pandemic”, proponendo invece il termine “sindemia”, una nozione coniata dal medico e antropologo americano Merrill Singer negli anni ’90 secondo cui “le sindemie sono la concentrazione e l’interazione deleteria di due o più malattie o altre condizioni di salute in una popolazione, soprattutto come conseguenza dell’ineguaglianza sociale”.

La definizione di Covid-19 come “pandemia” risulterebbe infatti del tutto insufficiente per descrivere un fenomeno che si caratterizza non solo per l’interazione specifica di varie patologie, ma soprattutto per le conseguenze sulla salute indotte dalle interazioni tra patologie, appunto, e le variabili sociali, ambientali o economiche che ne hanno condizionato lo sviluppo.

Un approccio sindemico alla crisi sanitaria – meno originalmente ed efficacemente diremmo olistico – non può, quindi, che far coincidere il contrasto alla pandemia con la lotta a una serie di disuguaglianze economiche e sociali che rappresentano il brodo di coltura ideale per la diffusione del virus.

Ripensando all’ossessivo dibattito di questi mesi relativamente alle scelte dei decisori politici, concentratosi su cosa preservare tra salute ed economia, il grande assente sembra essere stato e sembra tuttora essere proprio l’approccio “sindemico”.

Del resto, se dovessimo esaminare due dei trend più interessanti che hanno caratterizzato la riorganizzazione obbligata della vita collettiva, potremmo osservarli attraverso la lente della differenza evidente tra diverse condizioni sanitarie e sociali, economiche e ambientali che li hanno contraddistinti.

Ad esempio, la svolta forzosa verso lo smart working, o per dirla meglio verso l’home working, ha innalzato una barriera ancora più alta tra lavoratori “da ufficio”, ai quali è stato consentito di preservare la propria salute, e il proprio reddito, seppure con indigestione da video call, tra le confortevoli mura domestiche magari anche in un comodo salotto con sedia ergonomica, e l’esercito dei lavoratori dei servizi e dell’industria costretti al contrario alla cassa integrazione o all’interazione personale protetta da DPI sul proprio posto di lavoro dopo aver affrontato nel corso del tragitto casa-lavoro affollati mezzi pubblici.

La stessa propensione a creare divergenze sociali si è manifestata a causa della cosiddetta DAD (didattica a distanza) a cui sono stati obbligati tutti gli studenti con una oggettiva difficoltà di fruibilità delle lezioni per le famiglie meno agiate che non hanno a disposizione PC o altri device adatti nonché una linea di connessione internet adeguata (in particolare nelle aree periferiche o extraurbane).

A tal proposito, sembra quanto mai opportuno citare due tra i progetti con cui Italiacamp si è impegnata già in epoca A.C. (Avanti Coronavirus) in una prospettiva “anti sindemica”. Il primo è Operazione Risorgimento Digitale, grande alleanza di istituzioni, aziende e società civile, lanciata da TIM a ottobre 2019 con una missione: offrire formazione accessibile e gratuita per rendere l’Italia digitale e garantire più ricchezza, più occupati, più efficienza, più trasparenza, più opportunità. Italiacamp, in qualità di partner di progetto, nel corso del 2020 ha erogato formazione sui principali temi del digitale a oltre mille persone, coinvolte in classi virtuali dai Digitalist, professionisti del digitale e, grazie alla collaborazione con Mygrants, ha contribuito a sviluppare le competenze digitali di oltre ventimila migranti.

Il secondo è Fast Academy, un Innovation Hub nato a Brindisi per sperimentare nuovi modelli di education indirizzati a contrastare fenomeni di disagio giovanile e della dispersione scolastica attraverso la sperimentazione di modelli di apprendimento innovativi, attività laboratoriali e collaborative, per stimolare l’emersione del talento e della creatività dei giovani tra gli undici e i diciassette anni.

Alla soglia dell’inizio delle campagne di vaccinazioni in tutto il mondo, con l’eco in sottofondo del “nulla sarà come prima” che riecheggia in ogni occasione pubblica, la lezione “sindemica” insegna che una mascherina o un decreto in più non ci preserveranno da una società sempre più divisa e disarticolata senza un approccio organico a tutte le nostre contraddizioni economiche, sociali e ovviamente sanitarie.