28 mar 2020
Quanto sono grandi le piccole cose
Una riflessione a firma del nostro Amministratore Delegato Fabrizio Sammarco sulle trasformazioni (macro e micro) che stanno impattando sulle nostre vite a causa dell’emergenza coronavirus
Il mondo è cambiato. È sotto gli occhi di tutti.
È cambiato nelle piccole cose – nel prendere un caffè, nel fare la spesa, nell’andare a scuola, nel lavorare o svagare, nell’andare dal dottore o in chiesa – ma anche nelle grandi: politiche ed economiche insieme, nella definizione di modello sociale da riscrivere, a fondo.
Si è trasformata la nostra personale quotidianità che in pochi giorni ha registrato trasformazioni globali inimmaginabili negli ultimi decenni. Metropoli decongestionate e desolate, blocco di aerei, metro, auto, navi e treni. Ci muoviamo a geometria variabile, tra un sistema di cause ed effetti, vivendo la stridente contraddizione di un virus che causa vittime per sindromi respiratorie acute e al tempo stesso risulta essere effetto di un respiro salutare per la natura tutta, che ancora oggi non sappiamo quanto lungo sarà ma che ha già ridotto: emissioni, inquinamento e surriscaldamento.
Nel mezzo, ci siamo Noi. Che nel miglior dei casi lavoriamo palleggiando tra pc e telefono, cucina, salotto e camera da letto con i figli in giro per casa, per poi fare la spesa con guanti e mascherina, restare in contatto sui social con parenti e amici, colleghi e datori di lavoro. E poi c’è chi lavora difronte ad una cassa in supermercato o ad un ventilatore polmonare in rianimazione, chi si occupa del trasporto di persone o di una consegna – di cibo e medicinali salva vita – con a casa: madre, marito, moglie, il padre dei propri figli, che rischiano anche loro, il contagio, a distanza ravvicinata.
Si è scosso così il sistema sanitario, con posti letto di terapia intensiva che vengono creati dove prima c’erano palestre. Si diventa dottori prima, e come non mai. Le piccole e grandi aziende provano a riconvertire la produzione, la stessa con cui aziende di alta moda sfornano centinaia di migliaia di mascherine abbandonato i costosi capi. Per non parlare degli artigiani digitali che trasformano maschere da sub in ventilatori ospedalieri. È cambiato il nostro tessuto sociale a causa di un virus terribilmente letale per gli over70, che ha colpito un Paese in cui sono censite circa 55.000 persone senza fissa dimora.
Con ItaliaCamp da anni calcoliamo l’impatto di organizzazioni e istituzioni sia dal punto di vista economico che sociale, ambientale e culturale. Oggi però crediamo che sia giunto il tempo di andare oltre i numeri, ce lo chiede insistente la conferenza delle 18:00 della Protezione Civile, che oramai raggiunta la soglia dei 10.000 decessi dovrebbe più risvegliare le nostre anime che i contatori seriali, capendo che dietro quei numeri ci sono uomini e donne, persone e famiglie. C’è la memoria da ritrovare di un Paese che deve lottare per resistere, così come ci stanno – ancora una volta – insegnando le generazioni più anziane, che non possiamo consentire di essere annoverate tra i vinti di una battaglia ma al contrario dobbiamo ergere a vincitori di una pandemia che sembra una guerra, per il significato del sacrificio massimo richiesto a tutti noi, loro in primis.
Affinché il senso della loro vita non sia vano, bisogna uscire dall’atteggiamento di rivendicazione e rendicontazione – nei confronti di chi? – agendo su tre dimensioni precise: l’IO, esistenziale – fortificando la propria tenuta personale; il TU, comunitario, rispettando l’emergente senso civico; il NOI sociale, animando responsabilmente i nuovi luoghi di socialità digitale: dalla preghiera al lavoro.
Per far fronte a questo macro sconvolgimento dobbiamo tutti riuscire a leggere, storicizzare, interiorizzare le nuove micro trasformazioni. Capire quello che stiamo vivendo, per poter reagire già oggi nell’emergenza e poi domani ad una nuova e inedita “normalità”, per non commettere gli stessi errori del passato, anticipando le mosse e rispondendo con soluzioni di pronta realizzazione.
In momenti come questi non possiamo più limitarci “a dare i numeri”, non è nemmeno più sufficiente “sapere fare” – a maggior ragione se a chi oggi è sul campo mancano armi e munizioni, mascherine e tamponi – ma dobbiamo su tutto saper essere, per interpretare con coraggio, forza e determinazione un contesto in continua trasformazione. Bisogna saper essere, mentre si fa la spesa, mentre si è in reparto, si lavora in smart working o assiste ad un anziano; e ancora bisogna sapere essere marito e moglie, padre e madre, cittadini solidali e responsabili, bisogna sapere essere pazienti oltre che forti e determinati.
“Ora dobbiamo percorrere una lunga e difficile strada: dobbiamo appunto ricostruire. Cominciamo da qui. Rimettiamoci tutti a fare con semplicità il nostro dovere, senza nulla perdere dei valori che in ogni opera fatta dagli uomini e per gli uomini si ritrovano, così possiamo veramente servire la Patria che soffre. Chi ha da studiare studi, chi ha da insegnare insegni, chi ha da lavorare lavori, chi ha da combattere combatta, chi ha da fare della politica attiva la faccia con la stessa semplicità di cuore con la quale si fa ogni lavoro quotidiano.”
Aldo Moro
Per questo nei prossimi giorni sul nostro sito daremo voce alle persone di ItaliaCamp per provare, insieme, ad intercettare il “sapere essere” che avanza attraverso le nostre micro trasformazioni.
In poche parole: Insieme per il Paese.