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22 lug 2021

Se la sostenibilità digitale è sostenibilità sociale

Sfide e obiettivi del PNRR in materia di transizione digitale per una nuova e vera sostenibilità sociale

Se la sostenibilità digitale è sostenibilità sociale Filippo Salone Italiacamp

Il divario digitale che già connotava il nostro Paese, si è manifestato nel periodo della crisi Covid-19 in modo particolarmente evidente. Il PNRR per questo si è posto, soprattutto attraverso la Missione n.1 “Digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura e turismo“, l’obiettivo di perseguire una più forte capacità di indirizzare efficacemente i processi di trasformazione digitale.

L’emergenza sanitaria ha dimostrato d’altra parte la necessità che organizzazione, competenze e tecnologia si muovano in un quadro organico guidato dalle esigenze dei cittadini e con il pieno utilizzo dei dati, anche come fattore di abilitazione per la resilienza del sistema Paese.

Questo rende immediatamente concretizzabile il salto di paradigma a un orizzonte che guardi al 2030, in connessione imprescindibile con la trasformazione digitale.

Tutto ciò va trasmesso e ricomposto nel mindset di chi disegna i servizi e soprattutto di chi può favorirne la realizzazione e supportarne, anche finanziariamente, l’adozione.

In particolare, più che ragionare per comparti stagni – Pubblica Amministrazione vs sistema produttivo – sarebbe davvero utile stimolare e incentivare forme di partenariato pubblico-privato, perché solo queste garantiscono una soddisfazione integrale dei diversi fabbisogni territoriali amplificando la capacità di impatto, giocando un ruolo chiave nella distribuzione delle risorse, perseguendo un orientamento verso quelle realtà che dimostrano visione e volontà evolutiva, apertura mentale al cambiamento e all’adozione di competenze e strumenti contemporanei, in grado di garantire al territorio un processo di crescita equo,  inclusivo e sostenibile.

È altrettanto fondamentale che siano perseguiti, con adeguata capacità attuativa, gli obiettivi e le azioni delineate dal programma di digitalizzazione e innovazione nella PA, su cui si è calibrato un investimento di circa 11 miliardi, attraverso una più efficace messa a sistema delle infrastrutture digitali, riorganizzando di conseguenza, in termini di efficienza e fruibilità l’offerta di servizi ai cittadini.

Tale processo di cambiamento strutturale dovrà rafforzare la PA in maniera organica e integrata, ai diversi livelli di governo, dando vita a una amministrazione capace e smart, in grado di offrire servizi di qualità ai cittadini e alle imprese e rendere più competitivo il Sistema Italia, con investimenti mirati e interventi di carattere ordinamentale a costo zero.

Altrettanto importante è l’investimento nel settore giustizia con il consolidamento dell’utilizzo di tecnologie elettroniche e digitali per garantire un’effettiva tutela dei diritti e degli interessi, attraverso procedimenti snelli e processi di ragionevole durata, senza i tipici oneri di carattere vessatorio che ancora oggi precludono adeguati standard di benessere e competitività.

Lo shock generato dall’arrivo improvviso della pandemia si è infatti innestato su una popolazione digitalmente fragile e già molto polarizzata, creando una ulteriore spaccatura tra chi ha avuto la forza di reagire e di rispondere all’urgenza di cambiamento e di rapido adeguamento all’imperativo digitale e chi non è stato in grado di farlo. La pandemia ha infatti alimentato e amplificato il digital divide già presente su classi e territori marginali sia in termini di gap di infrastrutture, sia in termini di accesso e abilitazione ai servizi di cittadinanza.

L’alfabetizzazione digitale di una parte del Terzo Settore è stata indiscutibilmente stimolata e accelerata dall’emergenza, liberando creatività, ingegnosità e coraggio, generando molti esempi concreti di eccellenza e alcune esperienze interessanti in termini di replicabilità e scalabilità.

Il digitale è servito per ridisegnare rapidamente contenuti e relazioni, che in molti casi sono state salvate proprio dal digitale, nonostante tradizionalmente venisse (e sia) considerato antitetico al concetto stesso di relazione.

Nelle fasi di lockdown è stata percepita appieno l’importanza della disponibilità di strumenti digitali e dell’alfabetizzazione digitale come fattori abilitanti dell’inclusione sociale e dell’esercizio di diritti/doveri di cittadinanza, come ad esempio la possibilità di svolgere una prestazione lavorativa, di fruire dell’educazione a distanza e di servizi di tipo amministrativo e finanziario da parte dello Stato, di mantenere – last but not least – una soddisfacente relazionalità sociale.

Per questo, è indispensabile estendere la capacità di insediamento digitale in maniera omogenea su classi sociali e territori svantaggiati, provvedendo a una tempestiva infrastrutturazione delle aree bianche e accompagnando il processo di infrastrutturazione con azioni di alfabetizzazione ed educazione digitale. È responsabilità dei decision maker pubblici coltivare questa nuova fase di transizione digitale, questa consapevolezza della sua utilità, per non disperdere quel pezzo di innovazione appena conquistato, né rischiare che rimanga troppo concentrato, ma fare in modo che contamini anche le realtà più deboli, costruendo così un orizzonte di vera sostenibilità sociale

Filippo Salone, socio dell’Associazione Italiacamp, Public Affairs Fondazione Prioritalia, Coordinatore Gdl16 ASviS Italia.