Cerca

 

Accesso Socio

Rinnova la tua iscrizione, paga la tua quota associativa.

Non sei ancora registrato? Registrati ora

Accesso Ideatore

Carica le tue idee o partecipa alle call ItaliaCamp

Non sei ancora registrato? Registrati ora

20 lug 2015

Innovazione Sociale: tutti ne parlano e qualcuno la studia

C’è un gran “cinguettio” intorno al tema dell’Innovazione Sociale, tutti ne parlano, molti si sentono innovatori sociali, in pochi la studiano

Innovazione Sociale

C’è un gran “cinguettio” intorno al tema dell’Innovazione Sociale, tutti ne parlano, molti si sentono innovatori sociali, in pochi la studiano. Alcuni la vedono come fonte di ispirazione per visioni sul futuro quasi “ai confini della realtà“. C’è chi la vede come un movimento (e non di quei movimenti con le stelle), un fenomeno, un insieme di processi, ma quello che veramente manca è un nucleo teorico disciplinare che possa conferirle il titolo di paradigma autonomo di pensiero

Servono tanti scienziati, ma non soltanto quelli con la barba e i capelli in disordine, perché c’è molta confusione in merito e occorre fare sintesi. Sono numerose le posizioni e le definizioni che si possono trovare sparse in rete (primo vero sintomo d’innovazione sociale è proprio questa sorda disseminazione del verbo dell’innovatore sociale on line!). Partendo da questi presupposti abbiamo deciso di iniziare a parlare di questo tema elencando cosa NON è l’Innovazione Sociale

Molti di voi avranno delle sorprese e le vostre certezze potrebbero crollare. I più coraggiosi che stanno continuando a leggere s’imbatteranno nei principali luoghi comuni in cui non bisogna incappare quando si parla di Innovazione Sociale. È importante sottolineare che molto spesso si tratta di errori difficilmente evitabili e sono necessari costanza, spirito critico – ed un’importante dose di abnegazione – per diventarne dei puristi. 

La soluzione potrebbe essere quella di leggere il Primo Rapporto sull’Innovazione Sociale in Italia

Intanto, la black list: 

È strettamente connessa alla tecnologia: Metta un “like” chi almeno una volta non ha iniziato a parlare d’innovazione sociale partendo dall’assunto che non esiste senza una rivoluzionaria tecnologia in grado di modificare abitudini e gusti! Se siete degli appassionati di Asimov, padre dell’etica della robotica, o veneratori di Roddenberry, autore di Star Trek, non potete esimervi dal diventare anche esperti d’innovazione sociale. 

È l’evoluzione della CSR. Per quanto appassionati o aficionados della “Corporate Social Responsibility“, è importante capire che questa ha un forte legame con l’innovazione sociale ed è sicuramente un fenomeno nel quale sperimentare nuovi modelli dello “stakeholder engagement“. Se la CSR cercava un modo innovativo per vendere fustini di detersivo e continuare a costruire pozzi nei Paesi in via di sviluppo, l’innovazione sociale suggerisce, invece, di ricaricare i contenitori con il detersivo biologico. 

C’è un legame di parentela tra l’innovatore sociale e l’imprenditore sociale. Ed ecco a voi il classico dei classici. Data la connotazione economico-culturale del nostro paese, è fuori discussione il fatto che il principale attore che produce innovazione sociale in Italia sia l’imprenditore sociale, semplicemente per un grado di parentela. Non è tanto la distribuzione, totale o parziale, del profitto che rende l’impresa sociale un fenomeno di innovazione sociale, ma lo è sicuramente il modo in cui si coinvolgono attori interessati a prendere parte alla gestione di tale impresa. 

Nasce nelle aree rurali e in periferia. Secondo un filone bucolico di pensiero quasi leopardiano, l’innovazione sociale nasce in aree rurali. Il vero innovatore è colui che coltiva la terra, si auto costruisce la casa con la terra cruda e mangia i prodotti che coltiva. Solo così nasce l’innovazione sociale perché la mente deve respirare. Un secondo filone ramazzottiano, invece, insiste sulla rivendicazione dell’innovazione sociale “nata ai bordi di una periferia”. L’innovatore sociale diventa il paladino per riscattare una parte della popolazione urbana che si sente emarginata ed esclusa dalle innovazioni. Di certo l’esigenza di risolvere problematiche sociali importanti è più marcata in alcune zone urbane piuttosto che in altre, ma questo non determina una predominanza periferica del dibattito. 

Nasce su Twitter. Viviamo nell’epoca del “condivido ergo sum”. Seguendo questo trend è impensabile che l’innovazione sociale non si trasmetta o si alimenti su twitter, che tra i social network è sicuramente quello più #trend #criptico e #virale. In fin dei conti cosa c’è di più innovativo che utilizzare #hashtags accompagnati da foto, rigorosamente modificate su Instagram? E’ questa la vera innovazione sociale? O sono forse la Twitteratura o la twitsofia

Nasce perché lo Stato non ha più soldi per il Welfare. Il tandem crisi economica e crisi del sistema di welfare è un assist immediato che non possiamo non evidenziare. La mancanza di risorse economiche per servizi sociali e assistenziali ha aperto una sfrenata ricerca di soluzioni innovative, possibilmente a costo zero per lo Stato. In quest’ottica la privatizzazione di ogni forma di assistenzialismo diventa il vero campanello di allarme di un sistema che deve vedere nella condivisione e nella socializzazione un’arma vincente e non un problema da risolvere.

L’innovatore sociale è sicuramente povero. Si scrive “Sociale” e si legge “non profit”, senza profitto per nessuno. L’unica forma di valore che conosciamo è quella che genera un profitto economico immediato con un passaggio di denaro. Tutto il resto lo hanno inventato quelli che non hanno i soldi per sopravvivere. Nonostante quello che si dica della Sharing Economy – economia della condivisione che nel 2013 negli USA ha generato un fatturato di 3,5 miliardi di dollari – essa non genera flussi economici importanti. Anche perché le economie che generano valore hanno tutte un colore: prima era la red economy poi la green economy adesso c’è anche la blue economy. Qual è, invece, il colore dell’innovazione sociale?

Può funzionare solo in Inghilterra. Tutte le vere innovazioni sono nate in Inghilterra se pensiamo ai Beatles, la prima rivoluzione industriale, oltre tutte le maggiori invenzioni e la miriade di scienziati come Isaac Newton e Charles Darwin. Per noi che subiamo il fascino esterofilo, sappiamo che anche l’innovazione sociale è nata lì e che uno dei primi teorizzatori (vi diamo un aiuto, Geoff Mulgan e la sua NESTA) si vanta di avere passaporto britannico. 

Vi stupirà sapere che l’innovazione sociale può nascere in ogni paese e non dipende dalla sua storia, ma da tutta una serie di fattori abilitanti che qui non vi diciamo altrimenti non leggerete il Rapporto. 

Guida M. F. e Maiolini R., (a cura di), Il Fattore C per l’Innovazione Sociale, Rubbettino, Soveria Mannelli (CZ). Disponibile su Rubbettino Store e su Book Republic.