25 ott 2017
Nuovi corsi universitari per nuove professioni
Scompaiono vecchi mestieri e nascono nuove occupazioni, ma sembra che l’università non riesca a reggere il passo
Da qualche tempo a questa parte – tanto all’interno dei media quanto nei discorsi di tutti giorni – è aperto un acceso dibattito sul rapporto tra formazione e mondo del lavoro: scompaiono vecchi mestieri e nascono nuove occupazioni, ma sembra che l’università non riesca a reggere il passo. Chi negli ultimi anni non ha sentito parlare di SEO Specialist, Digital Strategist, Content Manager, Makers, Web Analyst? Sono le cosiddette “professioni digitali”, nate sull’onda dello sviluppo dell’industria 4.0 e legate al mondo di internet, fab-lab e start-up a cui però difficilmente si approda seguendo un percorso lineare nelle aule universitarie. Per molto tempo si è così sollevata la critica al sistema dell’istruzione, accusato di non essere più in grado di “formare” i giovani a queste nuove professioni e di creare uno scollamento sempre maggiore tra ciò che accade tra i banchi e il mondo “vero”, quello che i ragazzi si trovano ad affrontare una volta superati i cancelli dell’università.
ma la frattura tra il mondo accademico e quello del lavoro non si esaurisce qui: la nostra società è molto diversa di quella dell’inizio del nuovo millennio e, di conseguenza, aziende e organizzazioni investendo sull’innovazione – a differenza di molti atenei – si sono adattate al cambio di paradigma. La robotica è ormai una tecnologia prêt-à-porter, la realtà aumentata viene utilizzata in app e videogiochi, l’hacking è la pratica con cui si combattono le nuove guerre “invisibili”. Inoltre, nuovi trend guidano l’economia, ma non sembrano trovare un’adeguata rappresentazione nelle aule universitarie: parliamo della direzione che economia e finanza – ponendo l’accento sul concetto di impatto – hanno intrapreso da qualche anno a questa parte, analizzando e sviluppando i fattori “extra-economici” (sociali, ambientali, etc) della loro attività che possono generare un valore (definito appunto impatto) per tutta la comunità di riferimento.
L’anno accademico 2017/2018 sembra però essere arrivato a una svolta: sicurezza in rete, automazione, robotica, intelligenza artificiale, sono i nuovi corsi che gli atenei romani de La Sapienza e Roma Tre hanno pensato per provare a ridurre il gap tra domanda lavorativa e offerta formativa che rischia di creare un pericoloso stallo nello sviluppo del Paese. Le nuove materie che gli studenti affronteranno? Ethical hacking, Cryptography, Internet of Things, Chemistry for Nano-Engineering ma dovranno studiare anche per esami dedicati ai nuovi trend sulla raccolta e l’elaborazione dei Big Data, come Data Science o alle professioni legate alla scoperta dello spazio come Inventive Engineering e Space Mission Design o l’avveniristico Management per progettare, pianificare e gestire le missioni spaziali.
Se questi nuovi corsi si basano sugli sviluppi più recenti di tecnologia e innovazione, ce ne sono altri, come quello di Impact Integrated Reporting della LUISS Guido Carli con cui collaboriamo nel primo semestre dell’anno accademico (potete approfondire il tema a questo link) che prendono in carico le tendenze più recenti di finanza ed economia d’impatto: l’attività di un’azienda che esternalità produce nei suoi contesti di riferimento? Il valore sociale e ambientale di un’attività economica può essere calcolato? Sono queste alcune delle domande a cui gli studenti dovranno imparare a rispondere nei prossimi mesi e – come da tradizione – in sede d’esame.
Se il mondo sta cambiando a velocità sempre maggiori, l’università sembra – finalmente – aver raccolto la sfida.