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30 ago 2018

ItaliaCamp University Award: intervista alla vincitrice Gloria Pilutti

Gloria Pilutti è la vincitrice dell’ItaliaCamp University Award, il contest che abbiamo lanciato per premiare la migliore tesi di laurea o di dottorato sul tema dell’innovazione sociale

ItaliaCamp University Award intervista a Gloria Pilutti

ItaliaCamp University Award è il contest che abbiamo lanciato per premiare la migliore tesi di laurea o di dottorato sul tema dell’innovazione sociale. Dopo aver raccolto e valutato numerosi elaborati provenienti dai più importanti atenei del Paese, il comitato scientifico ha deciso di attribuire il premio a Gloria Pilutti dell’Università degli Studi di Padova per la sua tesi magistrale dal titolo “Learning validation in the European Union policy-making: the case of social impact evaluation in the Open RESOURCES project“, un elaborato che analizza “Open RESOURCES” di Treviso. Si tratta di un progetto che risponde ai bisogni del territorio mettendo insieme l’esigenza lavorativa e abitativi dei rifugiati e dei giovani disoccupati locali che, in cambio di un lavoro di ristrutturazione e di efficientamento energetico nelle abitazioni private, possono godere di un alloggio a titolo gratuito. 

Dopo averla premiata durante Geografie Collaborative, l’abbiamo intervistata per approfondire il tema della sua tesi e per scoprire qualcosa in più sulla sua idea di innovazione sociale.

 

Ciao Gloria, iniziamo con la classica domanda: come hai conosciuto l’ItaliaCamp University Award e perché hai deciso di partecipare? 

Sono venuta a conoscenza di ItaliaCamp quando ero ancora una studentessa, durante il laboratorio accademico di accelerazione di idee per il contesto urbano organizzato dal Campus di Treviso dell’Università Ca’ Foscari Venezia. Una volta laureata in Studi Europei – Politiche dell’Unione Europea all’Università degli Studi di Padova, ho continuato ad informarmi sui vari player nell’ambito dell’innovazione sociale in Italia e così vi ho trovati. 

Qual è secondo te la definizione più chiara e completa del concetto di innovazione sociale? Puoi descriverci una buona pratica che rispecchia la tua visione? 

Credo che la definizione ufficiale presente sul sito della Commissione europea sia esaustiva. Innovazione sociale significa sviluppare nuove idee, servizi e modelli per affrontare al meglio le questioni sociali; si fa appello agli input di attori pubblici e privati, compresa la società civile, per migliorare i servizi di impatto sociale. Innovazione sociale significa rinnovare la meraviglia per l’essere umano, per i suoi luoghi e il suo tempo. È importante condividere uno sguardo caleidoscopico sulla realtà: cambiare angolazione e prospettiva, per creare un’innovazione, innanzitutto partecipata. Non serve citarne un esempio in particolare: sono carichi di innovazione sociale tutti gli interventi che alla base prevedono azioni concertate e partecipate.

Come descriveresti il tuo progetto di tesi ad una persona che non ha mai sentito parlare di innovazione sociale? 

Nella mia tesi parlo di un progetto che ambisce ad ascoltare le persone coinvolte, capire l’impatto sociale che ha su di esse e orientarlo di conseguenza. Quanto sarebbe bello se ci chiedessero più spesso se un servizio o una proposta ci è piaciuta o meno e cosa ci ha apportato? Con il mio relatore, ho proposto un impianto di valutazione del progetto di rigenerazione urbana di OPEN RESOURCES che affronta i temi dell’inutilizzo degli immobili sfitti; la disoccupazione di giovani locali; i bisogni dei rifugiati che escono dall’accoglienza dopo il riconoscimento dello status; gli imprenditori e i loro oneri fiscali; le amministrazioni e le loro responsabilità sociali; l’aridità della mentalità radicata sui pregiudizi. 

Perché hai scelto questo tema e quali base dati hai adottato per la tua ricerca? 

Credo che le risposte di impatto sociale possano derivare da ogni persona, sia che agisca singolarmente o in un’organizzazione. Ho affrontato questo tema perché di sociale e dei suoi tempi, a volte lenti e calibrati, serve parlare, ma in modo innovativo e con approcci partecipati che coinvolgano i vari attori territoriali. Per la ricerca ho fatto riferimento al contesto dell’Unione Europea che spesso, anche se non ascoltata, parla e imposta una linea sul tema. Quindi ho utilizzato statistiche internazionali, nazionali e locali; documenti legislativi e di policy; metodologie e approcci quali quello della Lean Startup di Eric Ries e il Collective Impact di John Kania e Mark Kramer; e interviste sul campo. 

La tua tesi riguarda un tema di forte attualità a livello politico e sociale. Secondo te il progetto Open RESOURCES di Treviso è replicabile in altri contesti per diventare uno strumento di inclusione a livello Paese? 

Sì, credo che dal piccolo possa nascere un cambiamento di sistema: l’associazione OPEN RESOURCES, con il progetto descritto nella mia tesi, rivisto e validato, ha partecipato all’European Social Innovation Competition della Commissione Europea. È stata inserita tra le 30 idee semi-finaliste e ora ha presentato il Piano definitivo che verrà valutato per ottenere un finanziamento: è stato espresso il potenziale di replicabilità e scalabilità del progetto. 

In quali altri ambiti sarebbe necessario agire per favorire l’inclusione dei migranti (oltre a formazione e lavoro)? 

Questa domanda la rigiro ai lettori: quando siete all’estero certamente mancate di qualcosa, siete vulnerabili e allo stesso tempo coraggiosi. Ecco: viaggiate un attimo con la mente. Cosa vi farebbe sentire a casa? Quelli sono gli ambiti in cui agire. Nessuna risposta a questa precisa domanda è irrilevante. 

Quali sono i tre elementi che hanno reso la tua ricerca distintiva? 

Direi tre elementi che si ricollegano al coraggio delle piccole cose: lavorarci ogni giorno un po’; non demordere; fermarmi e ascoltarmi quando ero stanca. 

Quali sono le skills che più ti hanno aiutata nella redazione della tua tesi? E quelle che hai migliorato in questo percorso? 

La capacità di gestire il tempo; sapermi orientare nell’utilizzo della lingua inglese; empatia. Durante la ricerca ho migliorato le mie conoscenze sulle politiche e gli interventi europei, nazionali e locali sui temi analizzati. 

Il tuo mentore? Il tuo maestro? 

Ammetto di avere più mentori e maestri. A volte però imparo di più osservando e ascoltando soprattutto i bambini e gli anziani, ossia chi non è ancora ‘arrivato’ – per la loro lettura limpida e spesso imprevedibile – e chi è ‘arrivato’ – per la saggezza del tempo che racchiudono. 

Pensi di continuare l’attività di ricerca avviata con la tua tesi? Cosa vorresti approfondire? In caso contrario, perché no?

È un ambito di ricerca complesso, in cui serve essere scientifici e allo stesso tempo lasciarsi permeare dalle emozioni. Sociale significa umano. Al momento sto lavorando e imparando nuove letture della realtà e nuovi ruoli. Non credo di aver fermato la mia ricerca: diciamo che sto vivendo ‘il dato’. Mi auguro comunque che il mondo accademico, e non solo, continui ad approfondire questi temi. 

Concludiamo con un’altra domanda sul futuro e un consiglio: i tuoi progetti da qui al prossimo anno? Cosa consiglieresti a chi sta per iniziare un nuovo anno formativo? 

Al momento lavoro all’Università: un ambiente di ispirazione e innovazione quotidiana. Vorrei in ogni caso continuare a pormi dubbi critici costruttivi su ogni mio traguardo: anch’io valido i miei apprendimenti quotidiani (haha). A chi sta per iniziare un percorso formativo, dico: fatevi domande, disturbate, chiedete informazioni, ponetevi dei dubbi, non arrendetevi all’ex cathedra. Perché è così che si migliora. Ad usque finem.