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04 nov 2020

Lo sport a impatto sociale

Un talk on-line sul significato che il valore sociale dello sport assume ai tempi della pandemia, in particolare nell’inclusione sociale e di genere.

Lo sport a impatto sociale i tempi e i luoghi dello sport

Mercoledì 4 Novembre si è svolto il talk on-line Lo sport a impatto sociale – il valore dei tempi e dei luoghi dello sport per l’inclusione, il primo appuntamento di un ciclo di iniziative che contribuiranno all’elaborazione del “Gentle Manifesto” dell’Associazione Italiacamp, progetto che raccoglierà le posizioni sul “buon comportamento” come elemento trasversale per settori differenti.

Coordinate da Serena Scarpello, presidente dell’Associazione Italiacamp, sono intervenute:

  • Elena Bonetti, Ministro alle Pari Opportunità e alla Famiglia
  • Lorenza Baroncelli, direttore artistico Triennale di Milano
  • Cristiana Capotondi, vice presidente Lega Pro
  • Elena Cecchini, ciclista professionista Canyon-Sram e Nazionale Italiana
  • Federica Seneghini, giornalista e autrice di Giovinette

Le ospiti del talk hanno discusso non soltanto del valore generato dallo sport a livello sociale e della necessità di diffondere la sua cultura, ma anche di come il fenomeno sportivo abbia risentito dei condizionamenti dovuti all’emergenza Covid19. Ad aprire il dibattito Serena Scarpello che ha introdotto ospiti e focus dell’evento:  “Italiacamp è da molti anni impegnata nel valorizzare l’impatto sociale dello sport: si tratta di un tema centrale per la nostra organizzazione e vogliamo prenderlo come punto di partenza per analizzare gli effetti che questo particolare momento storico sta determinando su territori e comunità”. Continuando l’overview dell’incontro, ha parlato anche degli altri temi dell’evento: l’empowerment femminile e il valore formativo delle attività sportive per le nuove generazioni, tematiche in cui lo sport riveste un ruolo cruciale che deve essere tutelato e incentivato.

Nelle cronache quotidiane, infatti, le attività sportive sono al centro del dibattito principalmente per gli aspetti agonistici. Dietro la performance si cela in realtà il volto umano dello sport, che lo rende uno strumento in grado di influenzare lo sviluppo e la formazione dei giovani e di offrire un contesto educativo che, al pari della famiglia o della scuola, ha il compito di trasmettere valori come il rispetto, la disciplina, il lavoro di squadra. Gli spazi dello sport, inoltre, possono plasmare in senso positivo l’urbanistica e contribuire allo sviluppo economico e al presidio sociale di zone urbane e non.

Elementi valorizzati dagli interventi del Ministro Bonetti, che ha parlato dello sport “come il luogo dell’incontro con sé”, dove la persona ha la possibilità di vivere sé stessa nella propria interezza e nelle relazioni con gli altri. Proprio per questo è necessario supportare i luoghi e i tempi dello sport, in particolare per le generazioni più giovani per le quali le attività sportive sono “educazione non formale”, uno strumento per la crescita della loro consapevolezza sociale e relazionale. 

Un concetto espresso anche nelle parole di Elena Cecchini, che ne ha sottolineato il ruolo cruciale per contribuire a formare quel “senso di comunità, sacrificio e meritocrazia di cui i giovani hanno bisogno oggi più che mai”.

Il rapporto tra urbanistica e sport, sottolineato nell’intervento del Ministro, è stato poi approfondito da Lorenza Baroncelli, che vede questo particolare momento come “l’occasione per includere lo sport nella costruzione delle città del futuro” poiché “nella storia, tanti momenti di trasformazione delle città sono avvenuti per lo sport”, contribuendo così a quel ripensamento urbano reso ancor più necessario dall’esperienza del lockdown. Gli esempi di trasformazioni urbane collegate ai momenti di intrattenimento offerti dallo sport, infatti, nella storia non mancano: dalle architetture di antichi greci e romani attorno alle quali si sono plasmate le loro culture, fino agli stadi di proprietà dei club calcistici che ripensano e riqualificano i quartieri delle nostre città.

Lo sport come percorso di empowerment femminile è stato l’altro filo conduttore. In particolare, per Cristiana Capotondi, che nell’agosto di quest’anno è stata nominata capo delegazione della nazionale di calcio femminile, “le calciatrici sono le paladine di un cambio di paradigma: le donne non devono passare da uno stereotipo all’altro ma muoversi liberamente nei panni che vogliono”.

“Lo sport è educazione non formale: bisogna riabilitare e riorganizzare i luoghi dello sport, dove la persona ha l’occasione di vivere se stessa nella propria interezza. Elena Bonetti”

Ogni appuntamento di questo ciclo di incontri approfondirà il tema trattato attraverso la presentazione di un libro: stereotipi e approccio di genere allo sport sono così raccontati anche in Giovinette, il romanzo di Federica Seneghini sulla storia della prima squadra di calcio femminile italiana, le cui componenti “si scontrarono dal giorno zero coi pregiudizi del tempo, accusate dai giornalisti di volersi mettere in mostra. Ma non si arresero e capirono che dovevano rispondere alle provocazioni scendendo a compromessi, senza rinunciare a divertirsi”. Il tema è stato affrontato anche in relazione all’importanza che i media ricoprono nella copertura degli sport femminili e quindi di come la narrazione che costruiscono possa migliorarne la percezione di professionismo, inspirando sempre più donne e ragazze a compiere questi percorsi.

Alla fine del talk l’intervento a sorpresa di Pierluigi Pardo, noto giornalista sportivo, che ha parlato della  consapevolezza che cittadini, aziende e istituzioni dovrebbero avere di quanto lo sport contribuisca alla generazione di impatto positivo, portando beneficio non solo allo sviluppo economico, ma anche al sistema educativo e culturale del Paese.