12 giu 2020
Sperimentare modelli formativi orientati al futuro
Un contributo del nostro responsabile Innovation Hub Managment Luigi Mazza sul futuro della formazione
“Sbagliando si impara” dice un noto proverbio. Ed effettivamente l’errore può essere trasformato in un momento costruttivo di valutazione, apprendimento e crescita purché non venga affrontato con pessimismo o, ancora peggio, con senso di colpa.
Sanità e Scuola. Senza dubbio abbiamo trascurato questi due settori (l’”abbiamo” ci viene incontro per evitare il contro qualcuno). Per la sanità, gioco forza, il momento è positivo e costruttivo: risorse finanziarie e intellettuali sembrano indirizzate a non ripetere gli errori commessi nel passato. Anzi, la sanità, dopo essere stata sotto stress (senza usare eufemismi potremmo dire che è stata a rischio collasso), verrà rafforzata. Al tempo stesso, la ricerca sanitaria vive un momento positivo in cui cooperazione e collaborazione rappresentano le armi principali alla lotta del nemico comune.
Purtroppo, il mondo della scuola non sembra vivere lo stesso fermento e la stessa voglia di ripartenza. La didattica on-line è un grande punto interrogativo e la questione delle aperture sì, aperture no è un tema dal quale stare alla larga (finché le tempistiche lo permettono). In generale, il mondo della formazione è stato sconvolto da un cambiamento radicale e non solo la formazione dei ragazzi. La grande sfida che ci troviamo davanti è anche come riuscire a evolvere la formazione di noi stessi, in qualità di uomini e donne, padri e madri di famiglia, manager e aspiranti manager, neolaureati e liberi professionisti, pensionati e soggetti vicini al pensionamento e aspiranti tali. Lavorando da casa, infatti ci siamo resi conto più che mai di quanto tanti dei nostri ruoli si sovrappongono e si accumulano: nuovi equilibri famigliari tra smart working e faccende domestiche, nuove formule organizzative di lavoro basate su Zoom e Webex, per non parlare della DAD (la didattica a distanza) per i piccoli con i genitori improvvisati Tutor, video party per lo svago e chi più ne ha più ne metta.
Come ogni transizione, anche questa richiede una ridefinizione cognitiva, sia a livello individuale e che a livello sociale …e che ridefinizione.
Covid19, si dice, c’è un prima e un dopo.
A noi interessa il dopo: immaginare nuove idee, nuove formule di apprendimento e nuove traiettorie formative. Con il gruppo creativo e compulsivo di ItaliaCamp in tempi non sospetti ci siamo impegnati nello sperimentare modelli formativi inconsueti, finalizzati a “rompere” il paradigma della didattica tradizionale e ad anticipare scenari inediti e ancora inespressi, tentando di leggere i bisogni sociali della società. L’abbiamo fatto proponendo il modello ITALIA TEAM, un modello fluido, aperto alla collaborazione di cittadini, istituzioni e aziende che condividano con noi un approccio orientato al futuro.
Proprio da questo modello stiamo sviluppando la Scuola dell’Umano, un luogo di apprendimento dedicato a cittadini di tutte le età in cui trovare il punto di contatto tra l’uomo e la tecnologia dove le “humanities” diventano i mezzi per gestire l’invasività degli strumenti e delle pratiche digitali. Una scuola in cui sperimentare percorsi educativi che aiutino a comprendere l’innovazione e rigenerare l’inclusione tra individuo e comunità; ma anche per rispondere ai bisogni crescenti di comprensione del cambiamento, autosviluppo e attribuzione di senso alla propria esperienza di vita. Mai quanto oggi questi temi mi sembrano attuali, non solo nel rapporto tra gli individui e le tecnologie, ma anche con la comunità. Ci aspetta un nuovo “mondo sociale” con il quale, dopo mesi in cui abbiamo riscoperto i servizi di quartiere, gli spazi in comune dei nostri palazzi e quelli a volte ostici dei nostri appartamenti, saremo chiamati alla difficile sfida di immaginare inediti modelli di stare insieme, di essere comunità per l’appunto. Dovremo essere in grado di valorizzare le esperienze che abbiamo vissuto durante il lockdown: dal festeggiare su Zoom il compleanno di un amico che vive a Los Angeles, al dare una mano ai vicini più anziani per fare la spesa.
E se la Scuola dell’Umano è un luogo per “saper essere” all’interno dei cambiamenti della propria vita, lo spazio fisico e digitale di formazione per le nuove generazioni – che invece hanno davanti tutto il loro percorso personale e professionale – è l’Accademia sui mestieri del Futuro – l’lTALIA TEAM dedicato alla formazione degli under18 lanciato lo scorso febbraio in occasione del nostro decennale. Abbiamo immaginato una vera e propria accademia in cui svilupperemo format educativi innovativi per bambini e ragazzi con l’obiettivo di anticipare i trend dell’innovazione, scoprire le professionalità emergenti del mercato del lavoro ed educare le nuove generazioni all’anticipazione, attraverso l’immaginazione, il gioco, la riflessione e la condivisione. Un modello di formazione complementare al sistema scolastico per dotare i giovani delle nuove competenze necessarie per affrontare un modo in continua trasformazione non solo dal punto di vista lavorativo e professionale, ma anche nella quotidianità.
Non è un mistero che, come ha avuto modo di sostenere l’epistemologo Edgar Morin in una recente intervista sul Corriere della Sera: i nostri studenti non sono educati a misurarsi con le grandi sfide esistenziali, né con la complessità e l’incertezza di una realtà in costante mutazione. Mi sembra importante prepararsi a capire le interconnessioni: come una crisi sanitaria possa provocare una crisi economica che, a sua volta, produce una crisi sociale e, infine, esistenziale.
Da sempre, con ItaliaCamp abbiamo fatto nostra la massima di Michel de Montaigne: È meglio una testa ben fatta che una testa ben piena. Non si potevano trovare parole più chiare per riassumere la nostra vision nel campo della formazione: il saper essere sul saper fare, le competenze e le attitudini sulle nozioni.
Rilanciare il Paese significa anche pensare al domani dell’Italia. Noi ci proviamo, con modelli formativi come direbbero gli inglesi “future proof”. Sbagliando si impara. Ai posteri l’ardua sentenza.